COMUNICATO SINDACALE DEL 05.02.2017: UN ALTRO COLLEGIO DEL CONSIGLIO DI STATO RICONOSCE LE RAGIONI DELLA UILPA BACT SUI DIRETTORI DEI MUSEI

 

 

 

 

Comunicato sindacale del 5/2/2018

 

UN ALTRO COLLEGIO DEL CONSIGLIO DI STATO RICONOSCE LE RAGIONI DELLA UILPA BACT SUI DIRETTORI DEI MUSEI

La UILPA BACT aveva impugnato davanti al TAR per illegittimità il D. M. 12.1.2017 con il quale è stato istituto il Parco archeologico del Colosseo e il D. D. 27.2.2017, n. 149 con cui è stata indetta una selezione pubblica ‘internazionale’ per il conferimento dell’incarico di direttore della struttura.

A nostro avviso la legge (art., c. 432, l., 232/16 e art. 1, c. 327, l. 208/15) non autorizzava il Ministro a creare con semplice D. M. nuovi uffici dirigenziali di livello generale – per i quali è necessaria l’emanazione di un regolamento (D. P. R.) –  né consentiva di conferire a cittadini non italiani incarichi dirigenziali nella P. A. ai sensi delle vigenti norme nazionali (art. 38 d.l.gs. 165/01 e precedenti, che richiedono tassativamente la cittadinanza italiana per il conferimento di incarichi dirigenziali comportanti l’esercizio di pubblici poteri nel Pubblico Impiego) e comunitarie (art. 45 par. 4 T.F.U.E., che consente agli Stati di derogare nelle proprie legislazioni alla libera circolazione dei lavoratori per gli impieghi nella P. A.).

Il TAR aveva pienamente accolto tali ragioni con sentenza n. 6719 del 7.6.17, mentre un Collegio della VI Sez. del Consiglio di Stato – a cui il Ministero si è appellato – con sentenza n. 3666 del 24.7.2017 ha annullato interamente la sentenza di primo grado capovolgendo sommariamente e sistematicamente a favore del Ministero tutti i suoi puntuali argomenti.

Il primo Collegio aveva disconosciuto il chiarissimo tenore, sottolineato da due concordi sentenze del TAR, delle citate norme che non consentono il conferimento di incarichi dirigenziali nella p.a. a cittadini stranieri, ancorché comunitari, con un provvedimento di trasparente impostazione ‘politica’, in quanto tendeva evidentemente ad avallare il fenomeno della c.d. “fuga dai regolamenti” da parte dei Governi degli ultimi anni per eludere con semplici decreti ministeriali di riorganizzazione degli uffici i vincoli procedurali posti dall’art. 17 della l. n. 400/88 all’adozione di simili provvedimenti. Tale atteggiamento sembrava anche contraddittorio in quanto, oltre al parere della competente Commissione parlamentare, uno dei vincoli – volti a garantire trasparenza e controllo preventivo democratico e di legittimità sugli atti del governo – elusi  dal D. M. di istituzione dei musei autonomi è il parere obbligatorio del Consiglio di Stato, parere che paradossalmente proprio un suo Collegio ha ritenuto inutile.

Lo scorso venerdì 2 febbraio un altro Collegio della stessa VI Sez. del Consiglio di Stato – pronunciandosi  con sentenza n. 677/2018 su altro ricorso di una Soprintendente del MiBACT avverso la procedura concorsuale in esito alla quale Peter Assmann è stato nominato direttore del Palazzo ducale di Mantova, accolto dal TAR e appellato dal Ministero – mentre ha ‘salvato’ per insufficienza di prova del colloquio avvenuto mediante Skype la dubbia regolarità della procedura concorsuale per la nomina dei direttori, ha, invece, sullo stesso motivo della cittadinanza dei direttori riconosciuto validi gli identici argomenti che la UILPA BACT avanzò nel merito e ha rimesso, per dirimere il contrasto di orientamenti sul punto, la decisione conclusiva all’Adunanza plenaria del Consiglio stesso.

Infatti la precedente sentenza era, come abbiamo commentato, talmente fuori dagli usuali canoni consiliari di corretta considerazione delle motivazioni delle pronunce dei TAR e di oggettivo ed imparziale approfondimento interpretativo, da aver finalmente destato una ‘reazione’ interna contraria. Sotto il profilo processuale il nuovo Collegio ha anche sottolineato «la singolarità della situazione senza precedenti di questo Consiglio o di un’altra giurisdizione superiore» per cui un’Amministrazione statale abbia chiesto in appello che vada disapplicato un regolamento statale (quello che prescrive la cittadinanza italiana per il conferimento degli incarichi dirigenziali nella p.a.) del quale non aveva prospettato l’illegittimità nel corso del precedente grado di giudizio.

In risposta alle deduzioni del Ministero per cui la direzione dei musei autonomi non comporterebbe l’esercizio di pubblici poteri, ma solo compiti di “gestione economica e tecnica”, il Collegio ha ricordato l’eccezionale rilevanza del patrimonio culturale demaniale italiano e lo speciale regime di tutela che per esso prevede la nostra Costituzione all’art. 9, senza che si trovino analoghi riscontri in altri Paesi, i cui ordinamenti hanno assimilato tradizionalmente i compiti di gestione del patrimonio museale pubblico a quello di diritto privato, e nei quali i principali musei non sono sempre organi dello Stato come (finora, aggiungiamo) in Italia.

Il nuovo Collegio ha infatti riconosciuto che «l’attività di «direzione ovvero gestione» di musei rientra pienamente nell’ambito della «tutela e valorizzazione o gestione di beni culturali» come il particolare sta al generale», e che «è l’immediata espressione del potere esecutivo e costituisce l’organo amministrativo periferico di vertice del Ministero, con il quale si attua l’indirizzo politico del Governo», cioè un organo che svolge esercizio di pubblici poteri – il  Collegio ha fatto l’esempio del prestito di anche eccezionalmente rilevanti opere del patrimonio culturale demaniale a Paesi esteri (fra cui potrebbe esservi quello dell‘eventuale direttore straniero) – esercizio per il quale la legge richiede il possesso della cittadinanza italiana, come ha confermato il Collegio citando ampia giurisprudenza della Corte Europea convergente in tal senso.

Per quanto riguarda la norma che il Governo si affrettò a far emanare dopo la sentenza TAR sul ricorso UILPA BACT col D. L. 50/2017, art. 22, c. 7-bis – in base alla quale alla selezione pubblica internazionale per la direzione dei musei autonomi ai cittadini stranieri non si applicano i limiti di accesso previsti dall’art. 38 del d. lgs. 165/2001 – il Collegio ha osservato che essa non si applica alla fattispecie in giudizio in quanto non è espressamente retroattiva e che, in ogni caso, ne è prospettabile l’illegittimità costituzionale alla luce dell’art. 117 della Costituzione e degli art. 6 e 13 della CEDU, i quali precludono l’entrata in vigore di leggi che incidano sui giudizi in corso a favore degli Stati.

L’ Adunanza plenaria dovrebbe tenersi il 18 aprile e il suo esito potrebbe rimettere in discussione – è da vedersi con quali eventuali modalità processuali – la precedente decisione sul punto nel ricorso UILPA BACT, che già abbiamo impugnato nel novembre scorso per revocazione.

C’è da aggiungere che le dichiarazioni del Ministro contro questo pronunciamento del Consiglio di Stato – a  seguito del quale l’Italia farebbe una pessima figura all’Estero per via di una sorta di ‘boicottaggio’ retrivo e conservatore che la giustizia amministrativa persisterebbe a frapporre alle sue riforme di modernizzazione del sistema museale, per portarlo alla pari con le esperienze eccellenti estere, largamente riecheggiate sulla stampa da indignati notisti fiancheggiatori – rientrano in uno storytelling tendenzioso e fuorviante sul quale purtroppo l’opinione pubblica non dispone di adeguati antidoti.

Tutta la vicenda dell’istituzione dei musei e parchi autonomi, nonché delle nomine dei loro direttori, si è ritorta giudiziariamente contro il Ministro solo ed esclusivamente perché è stata mal concepita giuridicamente e condotta precipitosamente, con metodi istituzionalmente scorretti e in spregio sostanziale alle norme costituzionali e legislative vigenti. Il vizio originario di tale vicenda non è, quindi, una del tutto immaginaria e pretestuosa ostilità della magistratura amministrativa, ma la pervicace e arrogante volontà di imporre in ogni modo alla Pubblica Amministrazione forme organizzative anomale e improprie rispetto all’attuale ordinamento costituzionale, secondo il ‘pensiero unico’ liberistico per cui vige in tale campo la più completa discrezionalità del potente di turno, così che i residui difensori del principio di legalità non fanno altro che mettergli “il bastone fra le ruote’. Meno male che ce ne sono ancora. LEGGI COMUNICATO PDF